Il giorno dopo era il Giorno delle Prove per i Canti. Tutti finirono di lavorare alle dodici per ripassare. Fu una mattina tranquilla per i messaggi. Lina ebbe un mucchio di tempo per starsene seduta nella sua postazione in Garn Square a pensare. Posò i gomiti sulle ginocchia, adagiò il mento sulle mani, e tenne lo sguardo fisso al selciato davanti alla panchina, levigato dai tanti piedi che erano passati di lì. Pensò al sindaco, giù nella sua stanza piena di beni rubati, che si rimpinzava di pesche e asparagi e avvolgeva il suo immenso corpo in abiti nuovi ed eleganti. Pensò al suo ammasso di lampadine e scosse la testa, sconcertata. Che cosa gli era saltato in testa? Se anche avesse avuto ancora delle lampadine quando tutti gli altri a Ember non ne avrebbero più avute, gli sarebbe piaciuto rimanere seduto nella sua stanza illuminata mentre il resto della città era immerso nell'oscurità? E quando l'energia fosse finita per sempre, tutte le sue lampadine sarebbero state inutili. Le cose che possedeva non potevano salvarlo, come aveva potuto dimenticarlo? Doveva pensare, come Looper, che non c'era speranza, quindi meglio vivere bene finché si poteva.
Si abbandonò contro lo schienale della panchina, distese le gambe e trasse un respiro profondo. Presto le guardie avrebbero fatto irruzione nella stanza segreta e avrebbero catturato il sindaco mentre si rimpinzava di cibo rubato. Forse lo avevano già fatto. Forse quel giorno sarebbe giunta la notizia sbalorditiva: il sindaco arrestato! Rubare ai cittadini!
Forse lo avrebbero annunciato ai Canti, in modo che tutti ve-nissero a saperlo.
Non venne nessuno a chiederle di trasmettere un messaggio, quindi dopo un po' Lina abbandonò la sua postazione e trovò un gradino sul quale sedersi in un viale vicino a Calloo Street. Si tirò indietro i capelli e li raccolse in una treccia per evitare che le dessero fastidio. Poi estrasse dalla tasca la copia delle Istruzioni che aveva fatto subito dopo aver mandato il messaggio al sindaco. L'aprì e cominciò a studiarla.
Ci si stava applicando quando, poco prima delle dodici, alzò il capo e vide Doon che correva verso di lei. Doveva arrivare direttamente dalle Condutture: aveva una grossa macchia d'acqua su una gamba dei pantaloni. «Ti ho cercata dappertutto!» disse, concitato. «L'ho trovata!»
«Hai trovato che cosa?»
«La E. Almeno, mi pare una E. Deve essere una E, anche se non l'avrei capito, se non l'avessi cercata...»
«Vuoi dire la roccia con una E segnata? Nell'area delle Condutture?»
«Sì, sì, l'ho trovata!» Rimase in piedi con il fiato grosso e gli occhi che brillavano. «L'avevo vista prima, ma non avevo pensato che fosse una E. Mi sembrava solo uno scarabocchio. Ci sono delle rocce lì che paiono coperte di scritte.»
«Quali rocce? Dove?» Lina era in piedi, ora, e saltella-va, eccitata.
«Giù verso l'estremità ovest del fiume. Vicino a dove sparisce infilandosi in una grossa breccia nel muro.» Fece una pausa per cercare di riprendere fiato. «E sai cosa ti dico?» aggiunse. «Potremmo andarci subito.»
«Subito?»
«Sì, grazie alle prove. Tutti vanno a casa, quindi l'area delle Condutture sarà chiusa e vuota.»
«Ma se è chiusa come faremo a entrare?»
Sogghignando, Doon estrasse una grossa chiave dalla tasca. «Mi sono infilato nell'ufficio prima di uscire e ho preso in prestito la chiave di riserva» disse. «Lister, il direttore dei lavori, era in bagno a ripassare i Canti. Non gli servirà la chiave, oggi. E domani, tutti staranno a casa dal lavoro.»
Fece un passo, impaziente. «Quindi andiamo» disse.
L'orologio della città batté il primo dei dodici rintocchi di mezzogiorno. Lina ricacciò in tasca la copia delle Istruzioni.
